Articoli del Foglietto

Ripensare le fondamenta

Idee per un sentiero da percorrere il prossimo anno

Dal momento in cui diventai parroco persi immediatamente cinque chili. E senza nessuna dieta.
Quello che mi faceva tremare era la responsabilità. Ma quale? Quella di dover badare agli altri (anche a tanti minorenni) l’avevo già da parecchi anni: non si trattava semplicemente di una responsabilità giuridica, ma della consapevolezza di avere il compito di aiutare la comunità a camminare sotto la guida dello Spirito Santo.

Le fondamenta di un progetto
Programmi pastorali, scelte di fondo e priorità non sono solo elementi astratti e magari avulsi dal Vangelo, ma rappresentano proprio la postura che una comunità assume per seguire – concretamente – il Vangelo.
Nel corso di questi anni dunque abbiamo pensato alle fondamenta di un progetto educativo che si è pian piano delineato (vedi foglietto XXXIII n.24,29,30 e foglietto XXXIV n. 27 e devo dire che questo tratto di strada mi ha entusiasmato molto. Dopo aver ascoltato l’esperienza di una comunità viva, ripensato i cardini del nostro essere chiesa qui in quartiere Adriano (soprattutto con il nuovo Consiglio Pastorale), e dopo essere usciti finalmente del tutto dagli strascichi della pandemia vivendo finalmente un anno del tutto “normale”, siamo in cammino.

L’importanza di lasciare tempo
Cerchiamo sentieri nuovi? Sempre. Chiediamo nuove luci? Sicuramente.
Ma siamo allo stesso tempo consapevoli che una volta decisa la strada, serve tempo per percorrerla, ed occorre camminare senza esitazioni e senza ansie, sia quando la meta si intravvede, sia quando ci sembra di percorrere tornanti faticosi e il panorama diventa monotono.
Perchè quindi questo titolo “ripensare le fondamenta?”. Le fondamenta di cosa?
Se il progetto pastorale c’è, che senso ha usare ancora questo termine e metterlo al centro della nostra riflessione?

Le fondamenta di cosa?
Riparto insieme a voi dall’ultimo periodo forte dell’anno che si è appena concluso: quello che abbiamo chiamato “mese della presenza”.
Fa parte anch’esso del progetto pastorale, nel senso che ogni anno questa ultima parte dell’anno sarà contraddistinta dal tema della presenza di una comunità in quartiere e in ultima analisi, presenza di Gesù stesso che si manifesta attraverso la sua Chiesa.
Ogni anno tuttavia ci sarà un tema differente. Quello di quest’anno è stato il tema del giocarsi e del servire: “giocarsi serve!”.
Come scrivevo in precedenza (vedi foglietto XXXV n.17), il tema del servizio non è stato solo al centro della nostra riflessione, ma sorprendentemente è balzato alla ribalta in numerose proposte spirituali di questi tempi (tema della GMG, proposta del Pime, iniziative varie in ambito Caritas e Pastorale giovanile) rivelando la sua straordinaria attualità da un lato, ma anche la crisi che questa dimensione sta vivendo, dall’altro.

Dal progetto… a noi
Il rilancio a questo tema ci ha fatto spostare lo sguardo dal progetto pastorale della comunità, ai protagonisti concreti di questa comunità, ovvero noi, i cristiani!
Una volta stabilito un progetto infatti, la differenza tra la sua realizzazione e la possibilità che rimanga “lettera-morta” passa attraverso i suoi attuatori.
Un progetto si deve incarnare, altrimenti rimane concetto, astrazione, e – in ultima analisi – resta un pezzo di carta.
Se da tante parti, nella Chiesa, si avverte la necessità di ribadire l’importanza del mettersi in gioco, è perchè forse, nel nostro tempo, il legame vivo che unisce i cristiani alla loro chiesa particolare rischia una lenta ma reale erosione.

La domanda che ci faremo…
Da qui l’intuizione: forse nel nuovo anno pastorale, possiamo lavorare su questo nodo: ripensare le fondamenta non del progetto pastorale, ma del rapporto tra il cristiano e la comunità! Ci faremo dunque una domanda: “Cosa significa far parte della comunità cristiana?”
Una domanda tutt’altro che scontata, che però durante quest’anno vorrei fosse l’occasione per fare più di una riflessione.
Ci sono infatti domande destinate a rimanere sondaggi: si può chiedere ad esempio se un’iniziativa incontri più o meno il favore delle persone a cui è rivolta, e questo serve a definire meglio le proposte da fare o da non fare.
Altre domande sono destinate a diventare spunti di riflessione per chi le fa: ad esempio si può chiedere come una comunità viva l’esperienza della celebrazione eucaristica, così da interrogarsi sul modo di celebrare…

Una domanda per camminare
Ci sono infine domande che mettono in cammino anche chi le riceve.
Sarebbe bello lungo tutto l’anno, declinare questa domanda in modi e tempi diversi, arricchendola anche di spunti di riflessione, approfondimento, catechesi, per far sì che essa trovi una risposta spirituale, ovvero dettata dallo Spirito di Gesù.
Non si tratta infatti, di semplicemente “sentirsi” in una certa relazione con la comunità o con la chiesa ma di mettersi in cammino per capire “come” Gesù ci vuole parte della Chiesa.
Si apre dunque una affascinante possibilità di rendere quest’anno un laboratorio di condivisione, ascolto e riflessione che ci faccia compiere dei passi in avanti come cristiani.
Il cammino è così vasto che lo si potrebbe vivere in tanti modi! Cominceremo dal passo più importante: quello che presuppone l’ascolto reciproco e la comunione.
Nella 2 giorni di comunità del 16 e 17 settembre cominciamo a mettere il tema sul tavolo della condivisione e del confronto per poi trovare i sentieri migliori, che non nascono mai da una testa soltanto, ma sempre da un ascolto comune.

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