Agosto, terra di mezzo per guardare il passato e sognare il futuro
Le strade di Quartiere si svuotano sotto il cielo d’agosto, lasciando al silenzio del vento caldo di quest’anno il compito di levigare la calma di un’estate che è sempre tempo di passaggio, terra di mezzo tra memoria e progetto.
La memoria di quello che abbiamo messo in cantiere e realizzato in un anno pastorale deve sedimentarsi, per dare ai pensieri e alla preghiera un punto di appoggio consistente.
Il progetto d’altro canto, da questa memoria deve nascere, perchè “ricordare” serve per preparare il futuro, oppure è solo nostalgia.
Vorrei dunque fare anche a voi le domande che mi sto facendo io, mentre mi aggiro in questa terra di mezzo del tempo di estate. Che cosa abbiamo vissuto di importante quest’anno? E cosa vorremmo vivere, quando riapriremo i battenti delle porte di un anno nuovo?
Lasciando perdere la logica del bilancio, così incline al versante dell’analisi dell’utile da rischiare – certe volte – di smarrire l’essenziale, vorrei invitarvi ad un atteggiamento altro, in questo processo della testa e del cuore.
Prendo spunto dal parroco che meglio mi ha conosciuto quando ero bambino: don Tomaso Montrasio. Lui era un giornalista e fu a capo del settimanale LUCE di Varese, e poi di Cantù e Mariano. Si firmava con uno pseudonimo: “Meraviglia”. La meraviglia era la chiave che gli permette va di leggere, pensare, cercare, progettare. Apriamo le porte alla meraviglia.
Cerchiamo ciò che – previsto oppure no – ha lasciato il segno in noi. A partire da lì, preghiamo, e scateniamo un desiderio costruttivo, spirituale, sempre meraviglioso, il solo da cui vale la pena di cominciare ancora.
MEMORIA
Qualcosa di meraviglioso
Provo a guardare all’anno passato in cerca di ciò che più ha lasciato il segno in me.
La lista è incompleta: continuatele voi…
10 ottobre. Salutiamo don Simone. Arriva un po’ emozionato, forse agitato. Ci regala una testimonianza sulla sua scelta sacerdotale. “Mi sono accorto che avevo il sedere per terra. Il Signore mi ha raccolto”. Una storia diversa dalla mia, il tatuaggio di un passato in cui il Signore entra in punta di piedi per scrivere un nuovo futuro.
17 ottobre. Candidature per il nuovo Consiglio Pastorale. Cerchiamo gente che si metta in gioco. La troviamo. Volti giovani e meno giovani disposti a sedersi insieme e a pensare al futuro.
4 novembre. Incontro i nuovi “missionari”, che si preparano a portare nelle case l’annuncio delle benedizioni natalizie. Ancora gente nuova tra gli amici di sempre.
8 novembre. Iniziano le benedizioni natalizie. Sono in Gassman 3. Più di 60 persone si sono radunate in cortile. Sono già amici, anche se questi due anni e mezzo di pandemia ci hanno fatto rinunciare a così tanto.
14 novembre. Anella raccoglie pensieri e riflessioni per raccontare la sua esperienza di lotta contro la malattia. Il salone è pieno di amici che ha trovato strada facendo. Molti sono semplicemente fratelli che il cammino parrocchiale le ha messo accanto. Si lotta insieme.
27 novembre. I nostri giovani e tanti adulti della parrocchia si mettono a servizio dei poveri nella colletta alimentare, verso cui è stata sollecitata anche tutta la comunità. 7 tonnellate di attenzione ai più poveri.
31 dicembre. Barbara, nostra sorella nella comunità, entra nella vita eterna. Sento a pelle l’esigenza di senso che accompagna la nostra avventura del vivere. Vedo segnali di fede e di speranza da chi ha vissuto con lei l’amore vero. Ne sono edificato.
24 febbraio. Don Adelio Brambilla, mio padre spirituale, medita con noi su Carlo di Foucauld. Vedo nel suo sguardo la stessa passione che mi ha fatto compiere grandi passi verso Gesù nella mia giovinezza.
2 marzo. È scoppiata la guerra tra Russia e Ucraina. La Casa della carità organizza una fiaccolata. Preghiamo con tanta gente. Vedo i volti dei bambini che conosco sorridermi al mio arrivo davanti alla Casa della carità. Poi in chiesa ci segue tanta gente. Davanti alle candele cantiamo, leggiamo salmi, ascoltiamo Parola di Dio. Forse è in questa serata che comprendiamo meglio di quanto abbiamo potuto fare in tutto il Covid che cosa significhi pregare.
19 marzo. Battesimo di Giuseppe Duvan. Viene battezzato da un sacerdote amico dei genitori. Decide di accogliere il piccolo fuori dalla Chiesa. Medito per la prima volta su questa accoglienza di cui parliamo tanto e che non significa solamente “mettere le persone a loro agio”, ma coinvolgerle nel rapporto con Dio e nella vicenda con Lui.
19 marzo. Dopo mesi di riflessioni e di tira-molla dettati da un Covid che sta sempre dietro l’angolo, un nuovo gruppo famiglie si incontra in una bella serata di cena in condivisione. Il primo trimestre 2022 l’ho percepito come un periodo di stanca, di fatica, vuoi per i molti vissuti personali complessi, vuoi per un’aria pesante che tira un po’ su tutti (Covid + guerra non sono stati una bella accoppiata…). Eppure queste famiglie hanno voglia di avere voglia. Ringrazio il Signore. Mi metto in gioco. Avanti con riconoscenza.
29 marzo. Per la seconda volta, dopo la prima esperienza del ’21, ci incontriamo online per scovare gente che ha voglia di mettersi in gioco, come noi. Dagli un’anima ha permesso ad amici “vecchi” e nuovi di affacciarsi: Adriana, Patrizia e Michele, Giulia, Orietta, Elisa, Alessandra. Sono sempre più convinto che c’è bisogno di inaugurare percorsi. Come dice il nostro papa Francesco.
31 marzo. Fratel Michael Davide Semeraro ci parla di Carlo di Foucauld. Più di chiunque altro, parla di un santo avendone di fatto vissuto il carisma. Una frase su tutte: “Il Verbo di Dio non si è incartato, si è incarnato”. La concretezza di Carlo di Foucauld, spesso ritenuto un “santo difficile”, mi balza agli occhi come una splendida occasione.
14 aprile. Giovedì Santo. Dopo due anni torno a compiere il gesto della lavanda dei piedi. I ragazzi che si sono offerti volontari li conosco tutti ma di qualcuno non ricordo il nome: abbiamo avuto a che fare ancora troppo poco, causa pandemia. Penso tra me che siamo ai blocchi di partenza: partiamo dai piedi. Come se fossero su un blocco di partenza, per correre nell’avventura di un cammino insieme.
8 luglio. La festa finale dell’Oratorio Estivo. Vedo i nostri ragazzi felici e amici. Cerco l’ordito della trama di tutto questo. Penso che sia il modo di Dio: riconosco i segni del divino quando vedo che l’esperienza di qualcuno si innalza, che vola più in alto di prima. Riconosco che è la strada giusta.
PROGETTO
Qualcosa che si apre
Provo a dare solo qualche spunto per un progetto pastorale del prossimo anno: solo l’inizio di un pensiero…
Il resto? Pensiamolo insieme!
Un anno fa prendeva forma un progetto pastorale con le linee importanti di una comunità che ha assunto una postura da mantenere per la corsa di questi anni.
Senza rinnegare nessuna età e nessuna esperienza particolare, ci siamo proposti un baricentro spostato verso la parte nuova di quartiere, ovvero quella che non abbiamo ancora coinvolto perchè appena nata.
Abbiamo messo in evidenza gruppi famiglie e oratorio come luoghi di contatto con la realtà concreta della gente che abita la nostra parrocchia.
Il lavoro di quest’anno, cercando di aprire delle finestre e di coltivare il metodo della comunione, partendo dalla liturgia, ha voluto instaurare una nuova “normalità”, che dopo le bizzarrie pandemiche dobbiamo continuare.
Ci siamo però, allo stesso tempo concentrati sul nostro vissuto, anche perchè abbiamo vissuto il cammino verso la canonizzazione di Carlo d Foucauld, che se da un lato era un fatto universale, dall’altro ha occupato tante energie rivolte verso di noi e noi soltanto.
La sensazione che ho adesso, è che sia necessario continuare il lavoro iniziato, cercando tuttavia di far sbocciare una vera apertura di porte e finestre verso la Chiesa e il mondo che ci stanno intorno.
Penso alle proposte della Diocesi, tra le quali il nostro Arcivesco mette in primo piano la preghiera (tema della lettera pastorale di quest’anno di cui parleremo prossimamente), ma penso anche alle prossime elezioni politiche del 25 settembre.
Penso alla necessità di tradurre in atteggiamenti concreti quella radicale apertura al mondo che Charles de Foucauld ci ha insegnato.
Penso infine, ad una ridefinizione del progetto educativo dell’Oratorio, che con la Società Sportiva è il fulcro della nostra apertura ai giovani.
Ci aspetta un anno che speriamo sia finalmente “regolare”, nel quale vivere davvero quel fermento che ha fatto lievitare la pasta di Nazaret, 20 secoli fa, portando a maturazione lo stesso Cristo.
Ora tocca a noi. Vogliamo essere fatti della stessa pasta.