Erano anni – credo – che non si sentiva in giro un desiderio così forte di compiere gesti di carità.
Se durante la pandemia abbiamo provato un senso di empatia profondo per i medici e gli infermieri in prima linea contro il Covid, è pur vero che allora eravamo costretti a starcene nelle nostre case, come spettatori muti e smarriti davanti a qualcosa di inafferrabile e sconosciuto. Oggi non è così.
La guerra non la conosciamo direttamente, ma sappiamo cos’è: se di monumenti ai caduti della pandemia non se ne vedono ancora, quelli alle vittime della guerra li conosciamo bene, e magari qualcuno dei più anziani la guerra l’ha anche provata sulla propria pelle raccontandola ai figli e ai nipoti che siamo noi.
Così, in questo frangente difficile, sembra di poter finalmente fare qualcosa di concreto, per rispondere ai malanni della storia che ci visitano senza sosta: tante persone si sono mobilitate, tante si sono domandate cosa fare, e non pochi chiedono anche alla comunità se ci sia qualche strada prescelta per dare una mano.
Per questa ragione, proprio mentre nella nostra parrocchia manca ancora una Caritas in grado di esprimere la dimensione della carità, abbiamo deciso di cominciare così: interrogandoci sulle strade possibili per aiutare i poveri dell’Ucraina.
La prima cosa di cui ci rendiamo conto è che non possiamo fare nulla da soli: per prendere tanti pesciolini serve una rete, e vogliamo evitare di essere patetiche e solitarie canne da pesca. La rete poi, significa dialogo e relazione, e porta ad imparare dall’altro.
Ogni settimana dunque, a partire da oggi, ci metteremo in relazione con le grandi agenzie che si occupano di carità, per chiedere, capire, dialogare e infine decidere cosa proporre e consigliare anche ai nostri parrocchiani.
Intanto nasce una mail: caritas@gan.mi.it, per ottenere informazioni e consigli su come farsi prossimi nel frangente di oggi.
Restiamo in rete dunque, e speriamo di prendere al volo, l’occasione di aiutare i fratelli.