A una settimana dalla Festa della Famiglia, vi propongo un intervento di padre Ermes Ronchi che mi ha fatto riflettere: per essere una grande famiglia, oltre alla cura dal virus serve una cura del cuore.
Vi ricordate cosa si diceva l’anno scorso? «Ne usciremo migliori»… non è vero. Ci siamo dentro, ancora, e non siamo migliori, c’è disagio e rabbia. Il rischio maggiore che vedo, che sta crescendo, è quello di un’Italia spaccata in due, una specie di conflitto sociale tra chi ha scelto il vaccino e chi no.
Lo sentite il linguaggio aggressivo e violento, che si usa dappertutto, su tutti i mezzi di comunicazione, da tutti, da una parte e dall’altra? Insulti, umiliazioni, aggressioni, disprezzo, assalti. Siamo tornati ai guelfi e ghibellini medievali. Alle guerre civili, le peggiori, dove ci si spara addosso tra no vax e vaccinati. Si spaccano gruppi, compagnie, comunità, addirittura famiglie…
Mi sembra urgente che adottiamo tutti una sorta di bonifica del linguaggio, delle parole, dei pensieri prima di tutto: un’ecologia del dialogo. Ascoltiamoci! Ascoltiamo le ragioni degli altri, non siamo in guerra, siamo in cura. Adottiamo un linguaggio mite, pacificante, dialogante. Lo dico io che ho fatto la terza dose. Contro il Covid, ma non sono vaccinato contro la violenza.
La violenza è una bestia che dorme dentro di noi, e che noi alleviamo. Contro quale altro nuovo capro espiatorio si rivolterà? Ne abbiamo avuti sempre, c’erano i fascisti e i comunisti, poi i meridionali e i migranti, ora i no vax e per loro i volontari dei centri vaccinali.
Mattarella ha detto che è stato l’anno dei costruttori, sarebbe bello che il 2022 fosse l’anno dei «riparatori»: ci sono tante ferite da riparare, ma con il linguaggio della cura sulle relazioni, non della guerra. Questo mondo non ha bisogno di altri lividi e bastonate. Ha bisogno di cura, di prenderci cura, di ritrovare la non violenza generativa di Gandhi, Martin Luther King, Gesù.
Ermes Ronchi