Il coraggio di proporre l'ipotesi differente
Forse c’è qualcuno che non lo ha ancora visto, ma se così fosse, è una di quelle scene di cui si potrebbe dire: “da non perdere”; una di quelle che lasceranno il segno. Maoz e Aziz, due imprenditori provenienti rispettivamente da Israele e Palestina, a cui la guerra ha strappato i familiari, hanno condiviso la loro testimonianza durante la visita del Papa a Verona e si sono stretti la mano. Francesco ha commentato: “Questo non solo è coraggio e testimonianza di volere la pace, ma anche un progetto di futuro“.
L’abbraccio che li ha raccolti con il Papa è un gesto povero, che presuppone però un cammino difficile. Non parlo solo del cammino di conversione interiore di due uomini che potrebbero essere segnati dall’odio e invece decidono di voltargli le spalle, ma anche del coraggio di un pontefice che rimane l’unico, nella scena attuale, a proporre ed esibire apertamente l’ipotesi della pace e della fratellanza, senza timore di sembrare sciocco o ridicolo.
Di fronte all’imbarazzo generale, nel quale nonostante tutto, la politica e gli strumenti del dialogo sembrano dichiarare la loro impotenza, qualcuno propone un’ipotesi differente, e si mette in cerca di “fatti di Vangelo” per esibirli come modelli.
Orbene, credo che di modelli negativi, – in questi tempi che certo non possono essere definiti “buoni” – ce ne siano parecchi, ma ciò che è rilevante, come sottolinea Enzo Bianchi (su Repubblica, 20/5/24) è che purtroppo “non si è capaci oggi di una vera prassi di resistenza che necessita non solo di indignazione, ma di una insurrezione delle coscienze“.
Proprio di questa insurrezione invece c’è assoluta necessità, e se il Papa, con i suoi 87 anni, è in grado di indicare la via, allora noi educatori, genitori, laici e consacrati, non possiamo dormire sonni tranquilli, finchè la nostra coscienza non si sollevi in rivolta, per renderci testimoni di un’ipotesi differente: quella di Gesù Cristo.