Nella Festa della Presenza tiriamo le somme del cammino dell'anno
Da fili a trama, da trama a tessuto, da tessuto a vestito.
Nel corso di quest’anno, dopo che fin dal 2020 abbiamo aggiornato il progetto pastorale della nostra parrocchia, ci siamo fermati per guardarci intorno e vedere se la percezione fosse quella della comunità. Essa infatti non è mai scontata, e il rischio di sentirsi un po’ come dei fili spaiati che vanno per conto loro è molto forte in questa cultura dell’io in cui siamo immersi. Ma la vita ha senso solamente quando i fili si intrecciano in modo ordinato, cosicchè, tutti insieme, non siano più un garbuglio senza capo né coda, ma formino una trama coerente, che crei il tessuto con cui il sarto produce un vestito.
Nella festa della Presenza, tirando le somme di questo percorso nel quale ci siamo domandati che cosa significasse essere Chiesa, spero che ciascuno di noi si senta come il pezzo di uno splendido abito, che riveste il quartiere con il dono della fede. I nodi tematici che abbiamo scelto, come detto, non erano casuali, ma dettati da alcuni punti deboli che caratterizzano il mondo in cui viviamo e possono riflettersi anche sul nostro modo di pensare alla vita cristiana.
Di fronte al rischio di sentirci cristiani semplicemente per cultura e tradizione, don Davide Caldirola ci ha ricordato quanto è decisivo aver visto e incontrato Gesù. Tra gli altri aneddoti molto pertinenti, ci ha fatto l’esempio della caccia: il segugio che corre fino alla fine è quello che ha visto la preda; gli altri, prima o poi, si fermano. Dunque, chi continua ad essere cristiano e a far parte della Chiesa, deve incontrare e conoscere sempre di più il Signore Gesù. Nella sua riflessione, don Davide ha poi provato a dire come sia possibile, in base alla sua esperienza, vivere esperienze che oggi ci aiutano ad incontrare continuamente il Signore.
Di fronte al rischio di essere autocentrati, dimenticando il bene possibile all’interno della comunità e del mondo, Giacomo Poretti ci ha ricordato che essere cristiani significa condividere i doni che Dio ha fatto a ciascuno, per il bene di tutti. Ha parlato dunque di una Chiesa simpatica, che accoglie e crea le premesse per porsi le domande che nessuno fa e che riguardano i grandi “perchè” della vita e la questione di Dio, ma ci ha detto anche molto di più, testimoniando con la sua stessa presenza di essere venuto a trovarci proprio perchè il dono della sua simpatia non rimanesse nel cassetto, ma fosse condiviso gratuitamente con noi!
Davanti al rischio di chiuderci nelle nostre zone di conforto, coltivando una visione idealistica di Chiesa di fronte alla quale ci si ritrae quando la comunità è in realtà difficile, suor Maristella dell’Annunciazione ci ha ricordato che la comunità è un dono che viene dall’alto, e cioè da Dio, ma solo chi impara a scendere, percorrendo il cammino dell’umiltà può accoglierlo. Solo così si trova il coraggio di essere non solo abbracciati, ma anche di abbracciare, diventando “nido” per gli altri.
Infine, davanti al rischio di dimenticare il compito che Gesù ci ha affidato, Luca Moscatelli ha sottolineato che la postura del cristiano è quella missionaria, e proprio per questo, al termine di ogni Messa, ci sentiamo dire che missione è “andare in pace, nel nome di Cristo”.
Al termine di questa avventura, nel giorno della Festa della Presenza, il nostro cammino di Chiesa continua, e chiediamo al Signore un dono: sentirci come i fili che compongono la trama di un abito bellissimo, cucito su misura per il mondo in cui viviamo, per il quartiere che abitiamo e per le persone che incontriamo.
L’abito è importante? Direi di sì. Perchè custodisce, protegge, nobilita, esalta qualcosa che è stato creato per la bellezza e la pienezza.
Il mondo in cui viviamo può restare spoglio e nudo, oppure, anche grazie a noi, si può rivestire di Cristo, giungendo alla pienezza della sua vocazione.
