Un’altra settimana e un’altra azione da metterci davanti agli occhi!
Insieme ad “esagerare”, “sfogare” e “insistere” questa settimana abbiamo tirato in ballo il verbo “cambiare”.
CAMBIARE è un verbo famoso nella letteratura di fede: se ne parla in ogni salsa quando si mette a tema la “conversione”.
Si parla di cambiare il cuore, cambiare la vita, cambiare tutto in funzione di un incontro che si è fatto, ed è l’incontro con Dio, che oggi per noi cristiani passa dall’incontro con Gesù.
Nella riflessione fatta coi ragazzi ho messo in luce anzitutto un’evidenza: mai come oggi sembra possibile cambiare praticamente tutto.
Si può cambiare religione, squadra di calcio, appartenenza politica, moglie e marito! Si può cambiare persino il proprio aspetto e il proprio sesso.
Mi sono tenuto lontano da un giudizio in merito a tutto questo, lasciando solo una domanda: “secondo voi è un bene o un male”? Dobbiamo sempre rifletterci sopra, per cercare di capire se il cambiamento è buono oppure no!”
Con gli animatori e con voi, mi azzardo a fare un passo avanti, proponendovi un criterio cruciale.
Prendo spunto da una frase di Ermes Ronchi che recita così:
“Noi siamo figli di un incontro.
Da lì la nostra vita cresce!
Non dunque per delle idee, o dei libri ma per degli incontri, con delle persone.
Se noi cambiamo poco nella vita è perché incontriamo poco e incontriamo male“.
Cambiare dunque è cosa buona, ma a patto che esso custodisca sempre un incontro.
Si tratta di incontrare molto, e di incontrare “bene”, altrimenti si cambia poco, o si cambia male.