“Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?” (Gv 11, 25-26)
Non c’è forse conversione più ardua e difficile, per il nostro sguardo, di quella che siamo chiamati a vivere quando guardiamo alla morte. Eppure, come grideremo a squarciagola tra due settimane “Gesù Cristo è veramente risorto” ed è a partire da qui che si snoda il cammino della fede. Ma il nostro sguardo è ancora sfuggente, e dobbiamo riconoscere che in faccia alla morte noi vorremmo guardare il meno possibile.
La tragedia della pandemia ci ha costretto proprio un anno fa, ad osservare attoniti le file di camion che trasportavano alla sepoltura i nostri fratelli e sorelle: la morte non era più lontana, ma terribilmente vicina. “Non pensavamo che la morte fosse così vicina – ha scritto Delpini –. Io non so quante siano le persone che muoiono a Milano nei tempi ‘normali’. Adesso però i numeri impressionano, anche perché tra quei numeri c’è sempre qualcuno che conosco”. “Quando irrompe il nemico che blocca tutto, che paralizza la città, che entra in casa con quella febbre che non vuol passare, allora – ha aggiunto – le certezze vacillano, e il verdetto del termometro diventa più importante dell’indice della Borsa”.
In questa settimana, insieme a Marta e Maria, costrette loro malgrado a guardare in faccia alla morte del loro fratello Lazzaro, vogliamo lasciarci raggiungere da una presenza nuova che sembrava tardasse: è il nostro Signore G