“Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura…“ (Gv 9, 22)
Il cammino di uno sguardo che stiamo compiendo in questa Quaresima, ci porta oggi a contemplare la vicenda del cieco nato, a cui Gesù dona la vista.
“Passando, Gesù vide un cieco“. Quasi come da dietro un vetro scuro, Gesù vede colui che vedere non sa: la provvidenza di Gesù, è figlia di questo “vedere” e”accostarsi” di Dio all’uomo che non lo vede e non lo conosce.
Da lì in poi la strada del farsi prossimo diventa anche la nostra, come abbiamo visto nella 2a di Quaresima, ma essa trova inizio per ciascuno di noi, direttamente agli albori della nostra vita umana. L’esperienza dell’essere figli è la prima esperienza relazionale che viviamo, e non è un caso che “figlio di Dio” sia anche la definizione più importante di Gesù: Egli è infatti Signore, in quanto Figlio di Dio. Dunque, proprio dal suo sapersi Figlio nasce la sua attenzione a un “figlio di nessuno” come il cieco nato, reso mendicante da un padre e una madre che non lo avevano ritenuto buono a nulla (disabile), per poi abbandonarlo al suo destino, con la paura di diventare loro gli emarginati, posti ai bordi della società, per la fede in un Gesù anch’egli pericolosamente incamminato verso l’emarginazione.
Gesù rende abile il cieco, non perchè gli restituisce la vista, ma perchè lo abilita a vedere il mondo con gli occhi della fede, con cui questi lo riconosce maestro e Signore. E noi, che sguardo abbiamo sul nostro essere figli? E quale sguardo stiamo abilitando nei f igli che abbiamo noi? Questa settimana è dedicata a questo cammino e a questa conversione.