Vocazione, presenza e dono nell'amore degli sposi
Celebrare gli anniversari di matrimonio è come celebrare “la presenza” stessa nella sua forma più piena: quella del sì ad una vita che si dona a qualcuno, senza condizioni, senza limiti, senza tempo e quindi per tutto il proprio tempo nel mondo.
Al termine del mese della presenza e nel giorno di Pentecoste sono gli sposi, con i loro anniversari, a darci la più bella testimonianza dello Spirito di Cristo, amore che tutto crede, tutto spera e tutto sopporta. Rispondere all’esistenza, riconoscendo la vita come una vocazione, è oggi già di per sè una rivoluzione copernicana che ribalta il senso della nostra idea di realizzazione, ponendola per così dire al di là di noi stessi e della trappola insidiosa di un egocentrismo idolatrico.
Dopo questa rivoluzione però, imprimere alla propria esistenza concepita vocazionalmente il senso del dono di sè – per sempre e del tutto – è un vero atto di fede che esige una conversione del cuore. Perchè anche l’idea di non essere al mondo per caso o per niente ma di essere chiamati è di per sè insufficiente: si potrebbe essere chiamati da qualcuno o da qualcosa che ci fa girare ancora intorno a noi stessi, in un delirio di autorealizzazione senza fine.
Gesù invece ci ha annunciato una parola piena: la chiamata viene da Dio e conduce all’altro, meta e fine del nostro pellegrinaggio. È solo ad un altro che si può donare tutto, e in questo altro c’è Dio.
Grazie agli sposi perchè con il loro amore ce lo ricordano ancora.