Sufo, il ricco negoziante che vendeva la tela sulla piazza di Nazareth, quel mattino lasciò la sua bottega e si recò dal falegname Giuseppe.
“Giuseppe – chiamò il mercante affacciandosi alla bottega del falegname –vengo a chiedervi la culla per il mio primogenito. Fatemi una culla degna d’un re, di buon legno pregiato, che duri, riccamente istoriata e decorata. Sapete che sono uno che può spendere!”.
Il giorno seguente Giuseppe si mise all’opera di buon mattino. Cercò un legno di cedro di buona vena verdiccia, forte, ma anche pastoso e docile ai ferri del falegname e ci lavorò tutto il giorno fino a tarda sera, perché aveva bisogno di quel guadagno.
La mattina dopo la culla era finita: Giuseppe l’aveva lavorata con grande amore. Per dondolarla sarebbe bastata la dolce melodia di una ninna-nanna. Giuseppe si recò alla bottega di Sufo con la culla. “Eccovi servito, messere Sufo. Maria m’ha dato i suoi consigli perché fosse fatta come piace alle mamme”.
Sufo osservò la culla e rimase molto male: non c’era segno di ricchezza in quel pezzo di legno! Era un giaciglio povero e meschino. E così Sufo scacciò Giuseppe dalla sua bottega.
Tornando verso casa con la culla, immerso in malinconici pensieri, Giuseppe si imbattè in Lisa, una donna molto povera, rimasta vedova pochi giorni dopo aver partorito un figlio maschio. La donna raccontò a Giuseppe di aver camminato tutto il giorno per cercare giunchi lungo il fiume. Voleva fare una culla per il suo piccolo, ma non aveva trovato che un piccolo fascio di rami marci.
Giuseppe non ci pensò due volte: “Prendete questa già fatta – le disse sorridendo dolcemente – Sufo, il mercante, non l’ha voluta. Il vostro bambino ci starà una meraviglia!”.
“Potessi pagarla, sì che la prenderei!”- rispose Lisa.
E Giuseppe: “Prendetela, Lisa, è vostra”. E le lasciò la culla sulla porta di casa senza aspettare né benedizioni, né ringraziamenti.
Lisa sapeva bene che Giuseppe non era meno povero di lei, ma la culla era così bella che non riuscì proprio a rifiutare.
E quella culla portò la gioia nella sua casa! Lisa, venuta la sera, vi deponeva il bambino e cominciava a cantare una dolcissima melodia. Quel canto si diffondeva nella contrada silenziosa e giungeva in tutte le case di Nazareth. Il vento ne trasportava l’eco lontano e lontano nell’oscurità della notte.
La voce di Lisa era limpida e serena. D’improvviso, però, il suo tono si faceva mesto e accorato, come se la donna fosse trafitta per un attimo da una punta di malinconia: nel suo cuore scendeva il pensiero che la sua felicità era costata un dolore al falegname Giuseppe.
Nel frattempo Sufo si era fatto fare la culla da un altro falegname: ricca, pesante e massiccia come un trono. La pagò un prezzo da capogiro e vi mise a dormire il suo bambino adorato.
Ma questa culla regale si dondolava a fatica e, muovendosi, faceva un rumore così sgradevole, da tenere sveglio il bambino, che continuava a piangere e strillare per tutta la notte.
Una mattina Sufo, non potendo più sopportare la tortura del neonato insonne e il cigolìo di quella culla, e vedendo come invece Lisa riusciva a far dormire beatamente il suo bambino, andò da lei e le disse: “Vi prego, datemi la vostra culla, vi pagherò quello che volete”. Ma lei gli rispose: “Come potrei vendervela senza offendere l’animo generoso di Giuseppe che me l’ha regalata? Non ci penso affatto!”.
Disperato Sufo andò da Giuseppe per ordinargli un’altra culla, ma Giuseppe era molto indaffarato in quei giorni, perché – grazie a Dio – aveva ricevuto alcune ordinazioni urgenti e lavorava di buona lena. “Mi dispiace, messere, ma ne avrò per almeno una stagione. – rispose a Sufo che lo implorava – Abbiate pazienza se vi dico che non posso soddisfarvi subito”.
“E il mio bambino – sbuffò Sufo – dove lo metto a dormire?”.
Giuseppe gli rispose: “Potreste chiedere a Lisa di farlo dormire insieme al suo bambino. La culla è grande”.
Sufo seguì il consiglio di Giuseppe e tornò da Lisa.
“Se non volete che questo – disse la donna – portatemi il bambino questa sera. Il mio canto basterà per tutti e due”.
“A proposito – chiese Sufo – cos’è quella nota di dolore che turba ad un certo punto la dolcezza del vostro canto? Si sente che avete una spina nel cuore…”.
“Ogni notte, mentre canto, – gli rispose Lisa – mi viene in mente che la mia gioia è costata un dolore al falegname Giuseppe. Il dolore che gli avete procurato voi rifiutando la culla che vi aveva costruito”.
Sufo comprese il torto che aveva fatto a Giuseppe, tornò da lui e gli disse: “Lasciate che vi paghi la culla, Giuseppe, visto che vi metterò comunque a dormire il mio bambino”.
Gli rispose Giuseppe: “Io già sono stato ripagato in ringraziamenti da quella povera vedova. E quei ringraziamenti sono diventati fonte di benedizione e fortuna per me. Farei un cattivo affare se scambiassi queste benedizioni con del denaro! Quella culla è speciale perché è la culla della carità. Non pagate me, ma prendetevi piuttosto cura di quella poveretta che non ha di che vivere”.
Dopo queste parole, Sufo decise di prendere in casa sua la vedova e il figlioletto, e le chiese di essere nutrice del suo primogenito. Quella notte i due bimbi dormirono placidamente nella culla di Giuseppe, insieme, dondolati dal canto struggente e dolcissimo di Lisa. Anche Sufo, finalmente, trovò sonno nel pensiero che la carità di un povero aveva riportato a lui, tanto ricco, pace e serenità.